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emuse incontra la musica di Riccardo Piccirillo

emuse incontra la musica di Riccardo Piccirillo

Riccardo Piccirillo sembra essere uno dei “fortunati” che è riuscito a mettere in dialogo le sue due passioni più grandi, fotografia e musica (o forse musica e fotografia) e farne un mestiere. Non roba da poco, in un mondo che ci chiede ogni istante di scegliere tra A e B, tra bianco e nero, tra rock e blues, si potrebbe dire.
Grazia Dell’Oro l’ha intervistato.

Grazia Dell’Oro l’ha intervistato.

Riccardo, sembra che di fronte alla scelta tra essere musicista ed essere fotografo, tu abbia trovato il modo di restare vicino a entrambe le tue passioni. Quale vantaggio ti dà nel tuo lavoro fotografico conoscere da dentro il mondo della musica?
La musica è la mia più grande passione, da sempre. È bellissimo poter assistere alla preparazione di un disco o di un concerto, essere alle prove e alle registrazioni. Credo che il profondo rispetto che ho per la musica mi abbia aperto le porte e dato la possibilità di essere presente anche in situazioni dove non sono previsti fotografi. La cultura musicale e la conoscenza di questo mondo mi consentono proprio di far foto laddove spesso non è possibile.


Patti Smith

Facciamo un passo indietro: raccontaci di quella sera che hai fotografato per la prima volta in modo “quasi ufficiale”.
Quasi ufficiale? No, proprio di nascosto! Avevo portato la mia prima reflex al concerto di Ruthie Foster e dal pubblico ho scattato nonostante non fossi autorizzato a farlo. Erano le mie prime foto di un concerto. Il giorno dopo le guardai soddisfatto e le pubblicai sul web. Mi contattò un magazine svizzero per comprare una di quelle foto come copertina del numero in uscita. Non avendo il permesso di far foto, scrissi al manager texano dell’artista chiedendo di poter vendere la fotografia e scusandomi per aver scattato senza autorizzazione. Per essere più incisivo e avere una risposta in tempi brevi, dissi che se non mi avessero autorizzato, in copertina del magazine sarebbe andato un altro artista e non la Foster. Non solo ebbi il permesso, ma lo stesso management comprò una seconda foto che divenne copertina di un disco di Ruthie e che, ancora oggi, è la foto più usata dalla Foster per promuoversi. Insomma, al primo colpo tanta soddisfazione.

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James Senese

Tu fotografi “live”, durante i concerti, e poi accompagni i musicisti in studio o in luoghi che trovi adatti per loro e li ritrai. A pensarci bene, è come cercare di “perfezionare” l’atmosfera del palco, meravigliosa e passeggera, per fissare chi fotografi in un gesto che astrae e dura nel tempo. Un rapporto dinamico davvero affascinante.
Le due cose sono naturalmente un po’ distanti tra loro. Quando fotografo a un concerto, cerco di fermare le note, di restituire l’atmosfera live e le emozioni. In studio invece comando io! Io sono regista del mio personale concerto e ho il controllo totale. Il meglio? Quando il musicista si riconosce o addirittura decide di rivedere la sua immagine grazie alle mie interpretazioni della sua arte.

Frequentare da sempre la vivace scena musicale napoletana ti ha facilitato nella relazione con i musicisti?
La scena musicale napoletana è viva! Anni fa mi ripetevano: “Se davvero vuoi fare carriera ti devi trasferire a Milano o almeno a Roma, è lì che succedono le cose”. Oggi invece sono invidiato. Il mio studio in centro a Napoli è diventato luogo di incontro di artisti e spesso nascono nuovi progetti grazie alla mia intermediazione. Quindi non solo sono facilitato nelle relazioni con gli artisti, ma alcune le creo proprio io!


Lino Vairetti

Con tutte le “star” che hai incontrato, hai sicuramente aneddoti a non finire. Raccontacene uno, solo uno. Uno o due…SLa prima volta che incontrai Philip Glass fu a tavola in un ristorante. Avevo appena scattato alle prove di un suo concerto e mi ritrovai seduto di fianco a lui al ristorante. Ero con Guido Harari che mi disse che Glass era un pochino imprevedibile, d’altronde è considerato uno dei principali artisti del ‘900. Bene, la prima cosa che fece, fu darmi una fortissima pacca sulla spalla mentre mi chiedeva “Domani a che ora dobbiamo suonare?” Risposi: “Credo alle 21” e lui: “E quindi a che ora ceniamo domani io e te?”. “Dopo il concerto, verso mezzanotte”. A quel punto Glass mi disse: “Anticipiamo il concerto alle 18 così per le 21 ceniamo, io non capisco voi italiani perché fate i concerti durante la cena, fateli o prima o dopo”. Il concerto non potemmo anticiparlo, ma il giorno dopo ero a casa sua per pranzo…
Un’altra scena carina riguarda la mia personale collezione di “figurine”. Per un periodo portavo con me sempre una macchina fotografica istantanea, scattavo nel backstage del concerto una foto e me la facevo autografare dal musicista. Quando fu il turno di Joe Satriani mi proibirono di accedere al backstage. Io riuscii comunque a passare e vidi per un attimo Satriani. Non feci in tempo a chiedergli di posare per la foto perché la sicurezza mi riprese e mi allontanò. Mentre parlavo con un amico sentii toccarmi sulla spalla e ignorai quel richiamo. Alla seconda volta mi girai… era Satriani! Mi disse: “Ehi, sono scappato dalla sicurezza e dal manager… facciamo l’istantanea di nascosto?”

www.7seconds.it è il sito che hai ideato dove si possono distruggere le fotografie… sembra un po’ come cercare di fare piazza pulita dei ricordi, manipolare il passato per ricostruirlo ogni volta come desideriamo, con un intento allo stesso tempo giocoso. Come è nata questa idea?
Mi piace riflettere sulla valenza e sul significato della fotografia e spesso lo faccio con chi ha punti di osservazione diversi dal mio. Una volta, chiacchierando di fotografia sui social con il poeta Andrea Melis notammo come oggi le fotografie su Instagram e Facebook durino un nulla. Sembra quasi che siano loro a osservare noi. Le scorriamo velocemente, spesso senza nemmeno “aprirle” e, quando va bene, mettiamo un like. Dopo qualche minuto le abbiamo totalmente rimosse e non ce le ricordiamo più. Così, Melis mi disse: “Sarebbe bello poterle distruggere con un like” Geniale! Così chiamai la mia web-manager e le chiesi di progettare un sito dove l’osservatore distrugge una fotografia e non la può vedere mai più. Almeno in quei 7 secondi prima della distruzione, la fotografia ha la massima attenzione da parte di chi l’osserva. In questo modo è nato il primo sito al mondo dove puoi distruggere le mie foto.

Riccardo Piccirillo ha suonato la chitarra per circa vent’anni ed è, da sempre, appassionato collezionista di vinili. Arrivato a metà della sua vita scopre la fotografia, il linguaggio ideale per catturare la bellezza.
Nel 2010 scatta la sua prima fotografia con una reflex e, un anno dopo, porta la fotocamera a un concerto di Ruthie Foster, dove riesce a scattare senza avere un accredito. Una delle immagini prodotte quella sera diventa la copertina di una rivista internazionale, di un EP live digitale e viene scelta come foto icona dall’artista stessa.
Capisce così che fotografare musicisti, unire le sue due grandi passioni, è tutto quello che vuole. Scatta a tempo di musica, conosce i brani, sa cogliere le pause che suonano più delle note e sa quando è il momento di premere l’otturatore perché sa prevedere cosa accadrà.
Riccardo è stato definito da molti “fotografo rock”, anche se lui ha il blues nel cuore.
I suoi ritratti sono stati pubblicati sulle principali testate giornalistiche nazionali e internazionali, così come su molte riviste di settore e in diversi cataloghi di arte contemporanea, vinili e cd. Ha collaborato con Nikon come moderatore del Nikon Club. Dal 2016 ha aperto un blog per raccontare, anche con le parole, le sue storie fotografiche.

Il silenzio che c’è fuori è il suo primo libro monografico.

www.riccardopiccirillo.com

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