Sara Munari legge “End Time City” di Micheal Ackerman
End time city di Michael Ackerman, il libro di cui vi voglio parlare oggi, è uno di quegli incontri che cambiano sostanzialmente le cose. A me ha cambiato l’immaginario visivo e contemporaneamente ha sdoganato tutte le paure che avevo in termini di rapporto fotografo/fruitore.
Successivamente alla sua visione, ho capito di avere la possibilità di trasformare la mia fotografia in un racconto personale, vicino a me e al contenuto che scelgo di raccontare, senza limiti di linguaggio.
Uno dei migliori libri di fotografia su cui potessi sperare di inciampare; la sequenza delle immagini, di formati differenti e con impatto talvolta molto discordante, può non sembrare perfetta e talvolta lasciare dubbi, ma le immagini rimangono letteralmente sorprendenti. Il lavoro è scattato in pellicola, a Benares tra il 1993 e il 1997.
Tutto in bianco e nero, tutto storto, sfuocato, sporco, graffiato e graffiante. Formati tutti diversi, che bellezza di linguaggio! Il mezzo, di cui di solito non amo parlare, in questo caso gioca una parte fondamentale, dato che il fotografo, oltre alla sua Leica, sfrutta gli “errori” tecnici di macchine fotografiche come Holga e Diana. Il risultato sono fotografie dense, potenti e ineguagliabili. Varanasi (Benares) diventa un posto che galleggia a metà tra il sogno emozionante e l’incubo peggiore che tu possa avere. È un luogo sacro, dove ogni giorno arrivano centinaia di migliaia di persone, un pellegrinaggio continuo poetico e terrificante.
L’India esotica e colorata, a cui siamo ampiamente stati abituati da Steve McCurry, scivola lontano e lascia spazio al buio, all’illuminazione sciagurata, al tentativo di far sentire l’odore di morte alla fine del tempo, attraverso fotografie visionarie e enigmatiche. End Time City lascia intravedere, dal mio punto di vista, un malessere dell’autore, che prescinde dal luogo ed emerge dalle immagini insieme a pressioni personali e dubbi. Il libro riceve il Nadar Award nel 1999 e l’Infinity Award for Young Photographer dall’International Center of Photography nel 1998. Non posso che ringraziare questo fotografo, che mi ha aperto porte nuove verso linguaggi che, diversamente, non avrei potuto intraprendere.
Le immagini sono tratte da End Time City ©Micheal Ackerman
Sara Munari nasce a Milano nel 1972. Studia fotografia all’Isfav di Padova dove si diploma come fotografa professionista. Apre, nel 2001, La Stazione Fotografica, studio e galleria per esposizioni fotografiche e corsi. Docente di Storia della fotografia e di Comunicazione visiva presso Istituto Italiano di Fotografia di Milano. Espone in Italia ed Europa presso gallerie, festival e musei d’arte contemporanea. Fa da giurata e lettrice portfolio in premi e festival nazionali. Ottiene premi e riconoscimenti a livello internazionale.
Nel 2018 La stazione fotografica si trasforma in MU.SA, spazio dove organizza corsi, letture portfolio, incontri e tanto altro.
Si diverte con la fotografia, la ama e la rispetta.
Con emuse ha pubblicato i volumi fotografici Be the bee body be boom – Est East, Be the bee body be boom – Est West, Suite n. 5 e i manuali Il fotografo equilibrista, Il portfolio fotografico, Storytelling a chi? e Street photography.
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